GIRO DEI 7 COLLI - domenica 8 luglio 2012 Stampa
Martedì 17 Luglio 2012 17:40

La genesi dell’idea risale alla ormai remota domenica dell’11 settembre 2011, quando rimirando il grandioso panorama dalla cima del monte Scaletta, Bartolo ci aveva sommariamente mostrato parte del percorso di questa lunga gita che oggi, a distanza di quasi un anno, si è finalmente concretizzata.

Si trattava solo di trovare una domenica “libera” e la disponibilità da parte del capo-spedizione, ma... Bartolo ha immediatamente annuito rendendoci l’opera di convincimento una battaglia già vinta.

Idea strategica si è rivelata anche quella di andare a pernottare al rifugio Unerzio, per evitare una levataccia alle cinque del mattino, soprattutto ai prodighi autisti che generosamente ci permettono di “bivaccare” senza doverci preoccupare della strada.

Fedeli ai nostri propositi di salire a Pratorotondo esclusivamente per riposare e non per fare “bisboccia”, ci ritroviamo seduti in cucina a scambiare quattro chiacchiere sorseggiando una calda tisana che l’infaticabile Maria ci serve con mille premure.

Mentre già gli effetti benefici e rilassanti della tazza fumante cominciano a manifestarsi, un dubbio ci attanaglia: “Riusciremo a chiudere occhio considerando che i nostri vicini sono un nutrito gruppo di ragazzini scatenati in soggiorno montano?”

Meno male che anche per loro il momento della camomilla non si fa attendere e... spente le luci... la pace, il silenzio ed il buio regnano sovrani!

Alle sei e un quarto (come da programma dettagliato) la quiete viene “lacerata” dalla musica fragorosa del cellulare-sveglia di Lu!

Saltiamo giù dalle brande come in caserma, ci vestiamo, laviamo e.. come dice Bartolo... “ci restauriamo” e in un batter d’occhio siamo in cucina dove anche questa volta Maria ci ha battuti sul tempo ed ha già i fornelli accesi.

The, caffèllatte e tutto il buffet dolce offertoci dal nostro capo-gita risvegliano i sensi e le membra intorpidite, ma ci insinuano anche un innocuo e ed esile dubbio: “La colazione regalataci sarà il dolce contentino per tenerci buoni prima dell’odissea?” Mah...

Messo il nasino fuori dall’uscio scorgiamo la sagoma di Paolo che, pur di non perdersi questa attesa avventura, è partito al cantar del gallo da Carmagnola.

La squadra è ora al completo ed è pronta a  salire sulle autovetture in direzione di Prato Ciorliero con i suoi baraccamenti militari del secondo conflitto mondiale.

Zaino in spalla,  seguiamo il cartello indicatore che  ci guida verso il passo Escalon – passo Scaletta (percorso S10) e, salendo dolcemente tra i larici, ci portiamo in breve tempo ai margini dell’ampio pianoro. Continuiamo la marcia in una conca prevalentemente detritica e, con svariati tornanti, risaliamo il canale che porta al Passo dell'Escalon.           Festeggeremo ogni varco conquistato con una bella foto ricordo, tenendo bene in vista un numero... uno per ogni colle! Sul Passo dell’Escalon esibiamo dunque il numero Uno e... dopo gli scatti di rito... accartocciamo il foglio contrassegnato... poi... Via!... in marcia verso una nuova meta! Senza troppa fatica raggiungiamo anche il Passo della Scaletta per la foto numero Due. Sostiamo solo il tempo necessario per indossare un’adeguata protezione contro il vento gelido che comincia a soffiare in maniera insistente. Svoltando a sinistra, ci congiungiamo al sentiero Roberto Cavallero (tacche blu/rosse) attaccando in ripida salita il castello sommitale del Monte Scaletta. Raggiungiamo l’imbocco della buia galleria artificiale e con l’ausilio di una pila ne percorriamo l’interno (ad angolo retto), uscendo sul franoso lato opposto. Attraverso i resti di una trincea e con un ultimo strappo risaliamo in pochi minuti la china fino al raggiungimento della croce di vetta. Il momento è, come sempre, solenne e ci permette di poter discernere l’Oronaye, tutti i laghi Roburent, l’elegante Rocca la Meja e il sottostante vallone di Unerzio. Anche senza cartelli numerati, la conquista della vetta merita pur una foto di gruppo! Per la colazione di metà mattina scendiamo sul lato opposto della cima e ci sistemiamo nei pressi di una grossa ruota dentata in acciaio che sicuramente era servita da montacarichi per la costruzione dei bunker. Di qui in poi ci apprestiamo a percorrere il tratto più impegnativo dell’escursione, ma anche il più suggestivo e, per alcuni pezzi, dolomitico. Affrontiamo alcuni passaggi delicati attrezzati con catene, cercando di non lasciarci distrarre dalla maestosità del luogo: guglie, torrioni, strapiombi e salti rocciosi. Lo sguardo si perde tra gli scorci e le vedute ora della Valle Maira, ora della Valle Stura: due mirabili cartoline! Senza arrestare la marcia raggiungiamo anche il Passo Peroni, terzo anello di questa catena. Qui la foto numero Tre si abbina ad un rito irrinunciabile: un bel bicchiere di bionda Peroni! Qualcuno si lamenta che il gruppo è sguarnito di bionde, ma la schiuma traboccante fa presto dimenticare questa “carenza” e, come sostiene Gian, ci regala forza e vigore per raggiungere senza indugi prima il Colletto Vittorio (foto numero 4), poi il bivacco Due Valli, ubicato su un panoramico dosso erboso. Qui Bartolo ci informa che percorreremo la seconda metà del tracciato lungo un’ardita strada ex militare, per alcuni tratti, in parte franata. Anche se lo stomaco comincia a lanciare segnali allarmanti, fissiamo come punto di ristoro il Colle Oserot. Questo ci consentirà di lasciarci alle spalle le salite più malagevoli su pietraia e di godere appieno del momento del pranzo. La scelta si rivela senza dubbio azzeccata e, giunti al Colle un po’ spossati, chiediamo la collaborazione di un escursionista pervenuto prima di noi, per la foto numero Cinque. Il pasto conviviale, ma soprattutto i bicchieri di nettare d’uva di Mario e Bartolo che si svuotano celermente, restituiscono le energie dissipate giocando anche brutti scherzi...  Le nuvole che corrono sopra le nostre teste, modellate e sagomate dalla forza del vento, assumono forme differenti a seconda della fantasia di ognuno di noi. Intercettiamo ora draghi, ora uccelli, ora carrozze, ora cavallucci marini! Cavallucci “marini”??  Eppure Maurizio è stato, come sempre, rigorosamente astemio! Mah...                                  

La discesa verso il Passo di Rocca Brancia per la foto numero Sei avviene rapidamente agevolata dal vento frizzante che non molla contribuendo però a mitigare la temperatura altrimenti rovente. Un lungo traversone ghiaioso percorso da decine di escursionisti (pare una processione!) e da valorosi biker intenti a spingere sui pedali, ci consente di pervenire senza indugi al Passo della Gardetta... l’ultimo dei sette transiti.                                                Ci mettiamo in posa per la foto numero Sette scegliendo come unico sfondo possibile l’ampio anfiteatro che si apre dietro di noi: l’altipiano della Gardetta col suo rifugio dietro ai quali troneggia la mole elegante di Rocca la Meja.                                                          Le sorprese non sono finite e lungo il ritorno a rotta di collo in direzione di Prato Ciorliero troviamo anche il tempo per una sosta nei pressi di uno dei numerosi bunker presenti in zona. Foto di gruppo sul tetto ed ispezione con pile frontali all’interno!

La giornata volge al termine, ma l’organigramma dettagliato predisposto prevede anche un sano, allegro e “sostanzioso” banchetto.

Apparecchiata la tavola davanti al nostro bel rifugio, la imbandiamo, come sempre, con ogni prelibatezza possibile ed affrontiamo... come qualcuno sentenzia... l’OTTAVO COLLE... il più impervio ed impegnativo!

Nota di fondo: tempo di percorrenza... otto ore e un quarto per circa diciassette chilometri di marcia.

La Maestra a Quadretti